Malitalia vista da Berlino

Berlino accoglie Malitalia con un giorno di pioggia e di vento del Baltico. Una città dai colori e dalla temperatura quasi autunnale. Si va nella zona che una volta apparteneva alla Berlino Est, poco lontano passava il muro. Adesso ci vivono uomini e donne di tante culture diverse. Un quartiere colorato e fatto di luci di mille negozi. Qui la prima tappa di “Malitalia” in un teatro d’avanguardia, il Neukollner Opera. Italiani e tedeschi per la terza edizione della “Festa della Legalità” voluta fortemente da “Mafia nein danke”, associazione nata dopo i fatti di Duisburg e la cui presidente, Laura Garavini , oggi è deputata del nostro Parlamento e componente della Commissione Antimafia. Una donna determinata venuta in Germania per completare i suoi studi di sociologia e rimasta perché “è un paese che offre tante possibilità”. Un paese che ha visto arrivare, negli anni, tanti esponenti delle nostre mafie e dove gli italiani, di Berlino, che lavorano onestamente, dopo la strage di Ferragosto del 2007 hanno deciso di non stare a guardare. Hanno capito che girare la testa dall’altra parte sarebbe stata la loro fine. Berlino poteva trasformarsi in una San Luca o in Casal di Principe e allora, alle prime intimidazioni, alle prime macchine saltate per aria, insieme a Laura Garavini sono andati alla polizia. E alla Neukollner Opera c’era anche Bernd Finger, direttore della polizia criminale, che ha condiviso le scelte di “Mafia nein danke” e che parla delle presenze dei locali di ‘ndrangheta in Germania come a Singen. Parla delle infiltrazioni nel tessuto economico e finanziario.  Parla della necessità, come tanti suoi colleghi italiani, di squadre criminali comuni. Sa bene che ci sono problemi legislativi da superare e norme spesso non uguali in tutti paesi, come la confisca preventiva dei beni mafiosi. L’interesse per il fenomeno mafioso non è una semplice curiosità letteraria. La Germania e i tedeschi vogliono capire cosa li aspetta e cosa è arrivato già nel loro Paese. Vogliono che gli forniamo gli occhiali per vedere meglio. Sicuramente hanno sottovalutato il fenomeno come d’altra parte abbiamo fatto noi e quando domandano “perché non siete riusciti a domare la mafia?” vogliono capire se anche loro si troveranno in casa un “cancro” difficile da estirpare.

Ma l’emozione più grande per “Malitalia” è stata entrare nel Liceo Europeo di Berlino. Qui “Mafia nein danke” ha deciso di presentare il nostro libro all’interno del Festival Internazionale della Letteratura. In questa aula lo scorso anno i ragazzi hanno incontrato il giudice Raffaele Cantone e tre anni fa hanno piantato l’albero della legalità. 100 ragazzi che aspettano da te risposte precise:” Cosa è la mafia una struttura criminale o un sistema sociale, una mentalità?”. Una domanda che ne vale mille perché in 5 minuti devi cercare di spiegare che è tutto insieme: che c’è la parte sociale, il residuo di un feudalesimo mentale che ancora impera in Italia, c’è la struttura criminale che ha trasformato un’organizzazione arcaica in una moderna holding del malaffare con ramificazioni mondiali. Mortale, ricca ma anche con il vestito buono, capace di mimetizzarsi nella società civile. Così fluida da entrare nei gangli vitali  della vita di ogni giorno, da nascondersi dietro il volto di un noto professionista o di un politico in carriera……

“Perché Dell’Utri è ancora in Senato?”. Secca e penetrante come un colpo di fucile. Niente peli sulla lingua per i giovani dell’Einstein e soprattutto niente peli sulla lingua per Giulio che vive a Berlino ma che ha i parenti in Campania e che legge, in apertura, una lettera per Angelo Vassallo nella quale dice “ dobbiamo alzare la voce. Non dobbiamo perdere la speranza e la volontà di essere privi di mafia”. Gli fa eco Luciano, un ragazzo di origini siciliane, che dice che la mafia si può battere che si può fare. E cita Falcone e Borsellino che non si sono mai arresi, non si sono arresi fino alla morte.

I ragazzi vogliono capire perché la mafia è così potente? Perché non ci si può ribellare? La migliore risposta alle loro domande arriva proprio da una voce ,in mezzo alla classe “Sono Alessia e vivo in Calabria. Non è possibile ribellarsi perché quando ti danno il lavoro, ti fanno mangiare non c’è nessuno disposto a tradirli e cambiare vita. E i giovani pensano che quella sia la vita vera anche perché a casa i genitori non propongono un’alternativa. Io a scuola,lì, non posso parlare di queste cose, sono sola”.

Alessia parla con voce decisa. Urla la disperazione di tanti giovani della Calabria che, muti, vedono la loro terra divorata dalla ‘ndrangheta. Alessia, come dice ai suoi compagni, è stata fortunata . I suoi genitori  hanno voluto darle la possibilità di farle conoscere un altro mondo. Le hanno dato l’opportunità di capire e quindi di scegliere. Ma lei sa che gli altri suoi coetanei calabresi spesso non hanno questa possibilità. Lei adesso è a Berlino ma già pensa a quando tornerà nella sua cittadina sul mare Jonio.