Una giornata colorata trasformata in nero fumo. Quando la follia di pochi sconvolge la vita di tanti

Vi racconto il mio 15 ottobre come fosse un diario cercando di mettere in ordine quello che ho visto, ho sentito, ho vissuto, ho ascoltato.

Difficile perchè nella mia mente si affollano suoni, colori,parole, volti.

Proviamo.

Ore 11,00 arrivo a Piazza Montecitorio.Lo slargo è tutto bloccato. Ai varchi 4 uomini delle forze dell’ordine. Mostro il tesserino dell’Ordine dei giornalisti al primo e la donna poliziotto mi dice “lo tenga a vista oggi le servirà”. Passo anche il secondo e arrivo al Capranichetta, una sala a fianco a Palazzo Montecitorio, dove si sono dati appuntamento gli Outsider e cioè il partito degli esclusi. Giovani dai 30 ai 40 anni che hanno deciso di riunirsi al di là delle proprie idee per essere propositivi nei confronti di una politica che “è rimasta indietro”. Parlano di un’onda montante. Ma nella sala non ci sono solo i giovani ma anche un imprenditore di 50 anni dell’interland milanese ed un medico di 52 anni. Tutti sono lì anche e soprattutto per i loro figli. Marco Piana, 36 anni,  sposato due figli, lavora per un Fondo di Private Equity e mi dice “Ho deciso di impegnarmi perché voglio che in questo Paese i miei figli abbiano la possibilità di vivere”. Sono persone che vengono dalle professioni ma ci sono anche gli stranieri di seconda generazione, gli italiani all’estero. Si presentano come il partito della seconda tessera così mi spiega Luca Bolognini, 31 anni avvocato, sposato con una figlia. Uno degli obiettivi è, dice Bolognini, “contribuire a costruire i politici di domani. Abbiamo bisogno di riforme e presenteremo un’iniziativa di legge popolare sul contratto unico sulla scia della proposta di Ichino”. Marco Piana dice “Questa generazione è chiamata ad una missione: rendere moderno il Paese senza marginalizzazioni. Negli ultimi 15 anni si è voluto proteggere le piccole e grandi caste. Un atteggiamento suicida e poi molti di noi che erano impegnati con il berlusconismo hanno sempre più pensato solo alla loro carriera. Questi politici verranno smantellati perchè sono rimasti indietro”.

Loro non parteciperanno al corteo.

Ore 12,30 li lascio e decido di arrivare a piedi a Piazza della Repubblica da dove partirà il corteo. Voglio capire come la città si sta preparando all’evento. Salgo verso il Quirinale. Tutto tranquillo. Solo una macchina in più della polizia. L’aria  tranquilla. Scendo a Via Nazionale per poi risalirla fino alla pizza. Gente a passeggio, turisti, la scalinata del Palazzo delle Esposizioni con le scale piene di gente che mangia il panino. Poi nelle vicinanze della grande piazza inizio a sentire il vociare dei manifestanti, le trombe e incontro le prime camionette della polizia che si stanno posizionando e che poi si chiuderanno ad incastro e non permetteranno più il passaggio a nessuno. Entro nella piazza. E’ tutto pacifico. Voci, cartelli, colori, bandiere. Un signore israeliano mi chiede cosa succede e alla mia risposta mi dice “Ah come a Madrid, New York. Bene!” Mi fermo per scattare una foto, caccio il mio taccuino dallo zainetto e poi decido di andare verso Via Cavour da cui scenderà il corteo. Faccio una strada laterale e tanti come me hanno pensato di utilizzare le strade laterali per raggiungere la via e poi immettersi nel corteo.

 Ore 13,30 a Via Cavour la polizia di Stato e quella municipale stanno iniziando a bloccare il traffico. Noto che gli uomini in borghese, ma anche molti di quelli dei reparti celeri, sono persone oltre i 40 anni. Il primo pensiero è “sono stati attenti a mettere gente di esperienza nel corteo”. Li vedo prepararsi, aprire il porta bagli della macchina e mangiare il panino e poi pronti. Si inizia.

 

Ore 13.45 il corteo parte con un po’ di anticipo. Tra me e me penso “lo fanno iniziare prima per evitare un ingorgo” e anche questo mi piace, mi da il segno di attenzione. Intanto un gruppo con danze e canti inizia a scendere per Via Cavour. Tanti cartelli come “Terra ai contadini”, “Si scrive acqua si legge democrazia”. Un signore anziano alza un cartello con lo stemma della città di L’Aquila “Prendiamoli a calci in culo…”. Poi arriveranno i ragazzi del Comitato 3.32, i noTAV con un cordone di protezione con donne e uomini (qualcuno con il casco in mano). Intanto tutto introno sembra una festa. Gente al bordo del marciapiede mangia un panino. Una giovane donna con una mano tiene una telecamera e con l’altra una bambina. I turisti si fermano. Arrivano i giornalisti i fotografi. Incontro il collega del Corriere.it e scendo per Via Cavour con lui, poi lui si immette nel corteo per le interviste. Io voglio vedere le facce di chi sfila. Mamme e papà con i bambini. Coppie di anziani mano nella mano. Professori, studenti, Donne con il cartello “Gnocca in fuga” o “Siete tutti Scilipoti”. Intanto si iniziano a sentire gli elicotteri. E ancora cartelli “BCE Banda Criminale Europea” o “Keynes revival now” o “Stay Human”. Arriva il carro dei COBAS con il colore delle bandiere gialle . Un fiume di gente invade Via Cavour. Dalle vie laterali entrano gli uomini e le donne della FIOM. Ed  è ancora tutto calmo. A un certo punto decido di risalire voglio capire cosa succede ai lati e vedere la fine del corteo e mi passa accanto un ragazzo vestito di nero, testa rasata con una cresta, tutto tatuato. Quello che attrae la mia attenzione è il passamontagna che ha in mano. Piano piano entra nel corteo. Risalendo incontro 4 ragazzi : tutti vestiti di nero, teste rasate, tatuaggi. Uno di questi mi rimane impresso :un’aquila romana sul cranio di uno di loro. Intorno a loro qualcuno intona “Bella ciao”. Le due cose insieme stridono. Penso “arrivano i guai!”, ma ancora mi sembra tutto tranquillo. Chiamo un collega per sapere dove è: “sto cercando di arrivare alla testa del corteo” e io gli racconto di chi ho visto entrare tra la gente “Non mi piace questa cosa”.Cerco di contattare gli altri. Per ora tutto tranquillo. E allora mi fermo un po’ per guardare questa onda colorata che scende verso il Colosseo. Una signora russa cerca di parlarmi nella sua lingua ma l’unica cosa che riesce a dirmi in inglese è “Putin = mafia”. Incontro una mia amica che ha portato il suo piccolo alla sua prima manifestazione. Tutto è pacifico. E io penso, erroneamente, questa volta vince il buon senso, la voglia di cambiare questo Paese. E allora decido di andare a vedere cosa accade alla coda del corteo e quindi da una strada laterale ( dove non ci sono controlli di polizia) torno a Piazza della Repubblica. Gli striscioni e gli uomini di Rifondazione sono pronti a scendere. Intanto Polizia e Carabinieri si posizionano per chiudere il corteo. I mezzi dell’AMA iniziano a ripulire la piaza, Dietro le ultime bandiere di Rifondazione un ambulante vende le magliette della “protesta” con una Lucy di Charlie Brown con “Basta” e poi “Indignati” , il Che  e altro. Mi viene in mente che tutto  mercato a questo mondo anche una protesta contro “il mercato”.

 

 

Ore 15,45 mi siedo al bordo della fontana. Accanto un camper con la scritta “Non posso accedere al mutuo. Ecco la mia casa”. Guardo gli uomini dello Stato pronti a partire. Ma è tutto fermo. Vedo uno degli uomini della Polizia parlare nervosamente al telefono e in quel momento mi squilla il mio “Sta succedendo il delirio. Tu dove sei?”. Capisco, la mia illusione  è svanita. Accendo il computerino e vedo le prime immagini. Inizio a chiamare chi  nel corteo. Rossella, una delle giovani che scrive per Malitalia, mi dice “Laura si sono messi i passamontagna e la polizia non fa nulla. Mi sono fermata sono in un bar che gentilmente ci ha fatto entrare”. Il collega del Corriere.it è nella mischia, Enrico Fierro de Il Fatto è anche lui lì. Gli elicotteri sembrano più vicini. Si vede il fumo nero che si alza verso San Giovanni.

Tutto il resto è stato scritto, detto.

Rimangono dubbi, domande.

Ore 18 : raccolgo un po’ di notizie. Alcuni giovani colleghi mi chiamano “Laura la polizia ha aspettato che si scatenassero, Perché?” E questa domanda mi assillerà fino a tardi quando un funzionario di polizia mi dice “meglio farci dire che siamo stati deboli che essere condannati per la nostra durezza. Ti immagini se fossimo intervenuti sarebbe stato il massacro”. Parole che anche il Ministro Maroni dice in conferenza stampa dichiarando anche che non ci sono legami degli infiltrati con la sinistra ( anche lui ha i suoi problemi nel suo schieramento che  stato il primo a chiedere un chiarimento e con Alemanno che spara a zero sulle forze dell’ordine). Ma sono le stesse parole che si trovano sul web dove monta la rabbia dei poliziotti. “Dopo Genova nessuno ha voglia di passare per lo sbirro cattivo, meglio fare la parte del fancacazzista. Si campa più a lungo”. “Oggi si protesta per un atteggiamento morbido, ma cosa sarebbe successo se si fosse usata una linea più dura e repressiva?”  e un altro “Dopo Genova c’è gente che si è ipotecata casa per pagare i danni ed io, il mio esiguo stipendio, me lo voglio mangiare e non certo regalare a qualche avvocato o a qualche babbione con la cresta da gallo in testa. Sindrome di Genova si chiama? Sì, e sindrome sia.”

E poi il dubbio di tutti: erano solo black block? C’erano antagonisti, fascisti, centri sociali? E perché solo in Italia, a Roma,  è successo questo bordello senza precedenti? Perchè tanta polizia a proteggere i palazzi (escluso il Quirinale)? Forse perché, come dice l’antropolgo Marino Niola, hanno tutti paura e sembra una scena da fine impero “con l’imperatore chiuso nella sue stanze con i pretoriani, mentre la città brucia”.

E diventa un obiettivo, per il partito di governo, anche Mario Draghi che presiederà la BCE, la banca e le sue politiche, che i giovani , soprattutto, contestano. Eppure lui gli ha dato ragione e per questo  l’On.le Cicchitto ha detto che gli scontri sono colpa di “qualche banchiere che ha solidarizzato con gli indignati”. L’On.le dimentica che Mario Draghi  è stato l’allievo prediletto di Federico Caffè che diceva: “l‘economista è il fiduciario di una civiltà possibile e se gli interessi costituiti prevalgono sulle idee, tuttavia l’economista deve stare attento alle idee.”

Intervista a Marino Niola

Dopo i fatti di Roma abbiamo intervistato Marino Niola, antropologo della contemporaneità.

Con lui abbiamo parlato dei movimenti e di quello che succede nel nostro Paese.

 -Professore cosa pensa dei movimenti che stanno pervadendo il mondo?

In tutto il mondo  in atto una rivoluzione generazionale che non coinvolge solo i giovani ma che è trasversale a diverse età e strati sociali. E’ un movimento che taglia fuori i partiti. E’ un movimento che ha la velocità e la simultaneità della rete.

-Professore perchè parliamo di democrazia digitale?

Perché  questi movimenti stanno viaggiando come un’onda immateriale attraverso il web. Si stanno riappropriando della politica proprio come res pubblica con gli strumenti di oggi. La tecnologia ha fatto irruzione nella politica.

-E perchè possiamo dire che questi movimenti hanno sorpassato anche i governi più liberisti?

Perché chiedono la rinegoziazione dei diritti di proprietà. Per esempio la battaglia sul diritto d’autore. Vogliono libertà che poi favorisce anche la crescita economica. Stanno scrivendo la carta dei diritti 2.0

-Quale  la differenza tra i movimenti del 68 e gli attuali?

Sono abbastanza simili. La differenza più importante  che i giovani di allora lottavano anche contro le “regole” della famiglia, mentre i giovani di oggi lottano per la sopravvivenza. Il 15 ottobre abbiamo assistito ad una “ola” del movimento che è partita in Australia e si  è chiusa negli Stati Uniti.

-A Roma c’è stata la devastazione

Si ma le persone sono sempre più disposte a capire veramente cosa succede. Lo abbiamo visto con i referendum e i tanti voti raccolti. Il potere non riesce più a capire cosa sta succedendo ed ha paura e si barrica nei palazzi, come  successo anche sabato. I pretoriani, per ora, sono intorno all’Imperatore anche se sanno che un’epoca sta finendo e fra poco scenderanno dalla nave.

L’ultimo commento  proprio sulla paura dei nostri politici ed il professore pone l’accento sul fatto che l’unico palazzo non isolato  è stato il Quirinale :“Il Presidente Napolitano non ha paura ed  l’unico che, oggi, può aprire un dialogo con la gente”

 (pubblicato su www.malitalia.it e su www.lindro.it)