La riallocazione dei palestinesi: un risiko di società e milioni di dollari


Dagli Stati Uniti, parlando ai giornalisti a Washington davanti al Campidoglio, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha respinto le accuse secondo cui Israele starebbe cercando di espellere forzatamente la popolazione palestinese dalla Striscia di Gaza,  dichiarando invece che l’obiettivo è quello di offrire “un’opportunità” a chi desidera partire. “Non stiamo cacciando nessuno, e non credo che sia nemmeno ciò che suggerisce il presidente Trump.Si chiama libertà di scelta, e niente più di questo. Nessuna coercizione, nessuna dislocazione forzata. Se le persone vogliono lasciare Gaza, dovrebbero avere il diritto di farlo e non essere  tenute sotto la minaccia delle armi da Hamas”, ha aggiunto. 

Le  sue parole arrivano mentre circolano indiscrezioni secondo cui  lo stesso premier avrebbe confidato ai deputati del Likud che la distruzione sistematica degli edifici a Gaza mira a lasciare ai palestinesi una sola opzione: andarsene. 

E arrivano a pochi giorni da distanza da un’inchiesta del Financial Times sulla Boston Consulting Group (BCG), coinvolta in una controversia legata al suo ruolo nella Gaza Humanitarian Foundation (GHF), che secondo il giornale britannico avrebbe avuto un contratto multimilionario per sviluppare un’iniziativa che includeva piani per la “ricollocazione” di circa 500.000 palestinesi da Gaza. Questi piani prevedevano “pacchetti di ricollocazione” del valore di 9.000 dollari a persona, con un costo stimato di circa 5 miliardi di dollari per il trasferimento volontario di un quarto della popolazione gazawa, mentre si ipotizzava che tre quarti non sarebbero tornati. Un altro scenario considerava l’espulsione forzata, ritenuta più economica di 23.000 dollari a persona rispetto al supporto in loco durante la ricostruzione.

Più di una dozzina di dipendenti BCG hanno lavorato direttamente al progetto in evoluzione, nome in codice “Aurora”, tra ottobre e la fine di maggio.

BCG ha dichiarato che tali piani, commissionati da finanziatori israeliani, sono stati sviluppati senza l’approvazione della dirigenza senior e in violazione delle direttive interne. E la società ha disconosciuto il lavoro, sostenendo che fosse stato condotto da due partner, Matt Schlueter e Ryan Ordway, poi licenziati per “lavoro non autorizzato”. BCG ha anche affermato che il suo supporto al GHF era su base pro bono, ma più fonti riportano che la società avrebbe presentato fatture mensili superiori a 1 milione di dollari.

BCG ha poi terminato il contratto con GHF a maggio 2025, ritirato il personale da Tel Aviv, avviato un’indagine interna e emesso scuse pubbliche tramite il CEO Christoph Schweizer.

L’azienda interpellata dal Financial Times ha dichiarato: “La nostra indagine condotta da uno studio legale esterno ha confermato la profonda delusione che abbiamo espresso settimane fa. La portata completa di questi progetti non è stata divulgata, nemmeno ai vertici aziendali”. BCG ha aggiunto che il lavoro svolto era “in diretta violazione delle nostre politiche e procedure”. “Abbiamo interrotto il lavoro, allontanato i due partner che lo guidavano, non abbiamo richiesto alcun compenso e avviato un’indagine indipendente”, ha affermato. “Stiamo adottando misure per garantire che ciò non accada mai più”. La BCG era stata originariamente ingaggiata da Orbis, un appaltatore di sicurezza dell’area di Washington, per aiutare con uno studio di fattibilità per una nuova operazione di aiuti, inizialmente pro bono. Orbis stava preparando lo studio per conto del Tachlith Institute, un think tank israeliano. BCG è stata scelta come consulente, secondo quanto riferito, grazie alla sua relazione di lunga data con Phil Reilly, un ex agente della CIA che lavorava per Orbis. Reilly era anche consulente part-time per la divisione difesa di BCG, dove lavoravano i due partner licenziati, i veterani militari Matt Schlueter e Ryan Ordway.

Lo stesso Reilly fonda a novembre 2024 la Safe  Reach Solutions LLC che è il fornitore di servizi di sicurezza della Gaza Humanitarian Foundation.

E si torna così alla GHF la cui attività è sempre più controversa così come anche i suoi finanziamenti tanto che la Reuters sulla sua pagina pubblica un’informativa sullo stanziamento dei 30 milioni di dollari da parte degli Stati Uniti e precisa che “un alto funzionario del Dipartimento di Stato americano ha rimosso nove misure obbligatorie di controllo antiterrorismo e antifrode per accelerare l’erogazione il premio da 30 milioni di dollari”. Jeremy Lewin, ex collaboratore del Doge, ha firmato l’assegnazione nonostante avesse un memorandum contenente una valutazione secondo cui il piano di finanziamento della Gaza Humanitarian Foundation (Ghf) non rispettava gli “standard minimi tecnici o di bilancio” richiesti. Il memorandum d’azione del 24 giugno è stato inviato a Lewin da Kenneth Jackson, anche lui ex operativo del Doge e attualmente vice amministratore facente funzioni dell’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale. La coppia ha supervisionato lo smantellamento dell’agenzia e l’accorpamento delle sue funzioni nel dipartimento di Stato.  Secondo due fonti a conoscenza della questione, Lewin ha inoltre respinto 58 obiezioni che gli esperti dell’Usaid avrebbero voluto che la Ghf risolvesse nella sua domanda prima che i fondi fossero approvati. Lewin, che gestisce il programma di aiuti esteri del Dipartimento di Stato, ha autorizzato l’erogazione dei fondi solo cinque giorni dopo che Ghf aveva presentato la sua proposta il 19 giugno, secondo il “memorandum d’azione” del 24 giugno recante la sua firma, visionato dalla Reuters. “Forte sostegno dell’amministrazione per questa iniziativa”, ha scritto Lewin ai leader dell’USAID in una e-mail del 25 giugno (anche questa visionata da Reuters), in cui sollecitava l’erogazione dei fondi da parte dell’agenzia “il prima possibile”. Il memorandum d’azione è stato riportato perla prima volta dalla CNN.

Un intreccio di società, legami trasversali, che portano quasi sempre verso il mondo di veterani e il mondo militare americano e sempre in collegamento con strutture israeliane, con un flusso continuo di milioni di dollari.

https://www.rainews.it/articoli/2025/07/la-riallocazione-dei-palestinesi-un-risiko-di-societa-e-milioni-di-dollari-b88b208d-54c6-4e5b-b1f3-598043e7278a.html