20 anni e due processi ma nessun colpevole per la tragedia del Moby Prince. Adesso si parla anche di nuove tracce audio.
Eppure due anni fa 5 foto satellitari, 5 scatti riaprono uno spiraglio di luce.
5 scatti fuori l’orbita terrestre custodiscono un patrimonio di informazioni sensibili: la vera rotta seguita dal Moby Prince che il 10 aprile del 1991 alle 22.27 si e’ infilato con la prua nella murata della petroliera Agip Abruzzo, alla fonda in rada nel porto di Livorno.
28 sono i gradi di differenza tra una rotta sicura ed una rotta suicida, che avrebbe portato un palazzo galleggiante di 5000 tonnellate di stazza, guidato dal capitano ritenuto il piu’ esperto del gruppo Navarma, ad azzardare una virata facendo passare la poppa del traghetto ad appena 50 metri da una nave cisterna carica di idrocarburi. Per i 140 morti carbonizzati e asfissiati che il primo processo aveva liquidato come vittime di un incidente dovuto alla nebbia, sarebbe potuta arrivare giustizia se la pista, venuta fuori da uno scatolone “dimenticato” (e le virgolette sono d’obbligo) in una stanza del tribunale di Livorno, avesse dipinto un nuovo scenario. Uno scenario, dalla grafica complessa tipica delle immagini satellitari, che avrebbe potuto finalmente svelare cio’ che tutta una serie di documenti persi, andati distrutti o non considerati rilevanti avrebbe dovuto fare.
I punti oscuri in questa vicenda sono troppi. La nebbia vista da alcuni testimoni e la voce registrata di un marinaio della petroliera che, ai soccorsi, dice” siamo in rada a Livorno. Livorno ci vede!”.
Siamo sul triangolo di miglia marine tra i piu’ sorvegliati d’Italia vista la posizione tra il presidio della Mariteleradar, sistema di telecomunicazioni della difesa; La Spezia con Sacland, nodo di intelligence militare; il centro radar di Poggio Lacceta e la stazione Nato di Poggio Ballone. Eppure non c’e’ un tracciato.
E poi la posizione della petroliera alla fonda: dentro o fuori la zona interdetta all’ancoraggio?
E l’unico superstite, il marinario Alessio Bertrand, che fornisce due versioni dell’accaduto.
E spunta un’ipotesi tra l’inquietante e il fantascientifico: la presenza nel porto di Livorno, a quell’ora, di un frenetico traffico d’armi, bagaglio ingombrante di “desert storm” alla fine della prima guerra del golfo. Una movimentazione posta in essere tra navi militarizzate Usa e autorizzata dalla marina italiana.
Ma che ruolo avrebbe avuto la Moby Prince?In che acque si e’ trovato a navigare un traghetto passeggeri che 8 ore e mezza dopo avrebbe dovuto attraccare ad olbia?
Realistica l’ipotesi di un’avaria a tutta la strumentazione di bordo che avrebbe impedito di evitare la petroliera?
Probabile un movimento della nave cisterna che ruota intorno all’ancora sconfinando nella zona interdetta e mettendosi di traverso alla rotta della Moby?
O la nave nascondeva un carico esplosivo?
Ma nessuna inchiesta e nessun processo ha saputo far luce sul disastro avvenuto il 10 aprile 1991 in quello che, quella notte, e’ stato il porto delle nebbie.