Paisan blues:la Sardegna di Paolo Modolo

Orani visto da Henry Cartier Bresson

“Vide vorticare i volti delle persone che gli avevano segnato la vita. Sua madre sudata che toglieva il pane dall’imbocco del forno,suo padre col pettorale di cuoio che batteva il ferro ancora caldo, la sorella che era partita in continente in cerca di fortuna,il fratello che aveva indossato la divisa per guadagnarsi da vivere, Pierina che gli aveva dato il primo bacio e poi si era sposata con Manuelle Tivazza….” (Salvatore Niffoi da La leggenda di Redenta Tiria).
Nell’autunno di sei anni fa arrivai in Barbagia,d’autunno, ad Orani precisamente sulle tracce di Salvatore Niffoi,scrittore, di Costantino Nivola scultore e di Paolo Modolo, artigiano del velluto. Ad Orani , quella Orani che aveva affascinato anche Henry Cartier Bresson.
Tre personaggi che parla della Sardegna con le loro opere. La raccontano,la descrivono,l’hanno fatta conoscere nel mondo. C’è chi è fuggito dall’isola,come Nivola che durante il fascismo partì per gli Stati Uniti dopo la promulgazione delle leggi razziali avendo sposato la collega di corso, Ruth Guggheneim, tedesca di origine ebrea.

Chiesa greco ortodossa di Sa Itria con graffito di Nivola

Nel mio girovagare in questo paesino della Barbagia, tra chiese di origine greco-ortodosse e torri aragonesi, sono andata in cerca di Paolo Modolo affascinata dall’idea che avesse trasformato i tessuti della tradizione sarda, velluto e orbace, in abiti di tendenze.
Arrivare ad Orani non è stata un’impresa come molti pensano è stato un viaggio in quella Barbagia che per molti anni, forse troppi, è stata identificata come la terra dei banditi e dei rapimenti o dei rivoluzionari di “Barbagia rossa”…
Un mondo da esplorare con occhi diversi. Mi era piaciuta la storia di Paolo Modolo per ventidue anni minatore per poter coronare il suo sogno,fare il sarto. Il giorno le sue mani scavano in miniera e la sera scorrevano agili tra asole e cuciture. E poi il sogno si avvera. Il suo primo cliente proprio Costantino Nivola che lo paga con un suo quadro, dietro il quale scrive “S’arte tua pro s’arte mea” (la tua arte in cambio della mia arte).
Ma sei anni fa poi alla fine Paolo Modolo non sono riuscita a incontrarlo.Ma il destino ti aiuta sempre e così qualche giorno fa in piccolo paese dell’entroterra sardo,Padru, invitata per una sfilata me lo sono trovata davanti. Piccolo, capelli bianchi, sorriso pacifico per nulla preso dal ruolo di grande sarto che vende in tutto il mondo. Abbiamo cenato insieme quattro chiacchiere di corsa perché era preoccupato per la sfilata….E poi i suoi abiti a tinta unita o stampati tutti in velluto. Con i gilet che ricordano la tradizione ma con tagli e colori che sono moda e innovazione. Mi ha stretto in abbraccio e le sue mani, che non nascondono i segni della miniera, erano lievi e tenere allo stesso tempo e mi ha regalato un immenso scialle tipico delle donne sarde. Di un velluto leggerissimo che ti fa capire perché le sue creazioni vanno a ruba.