La fine del mondo?

Breve colloquio di fine anno con Piero Angela, scrittore autore di programmi televisivi di scienza,storia e economia che, nel suo ultimo libro , “A cosa serve la politica”, ne valuta le scelte .

“………Quello che intendo dire è che oggi ci preoccupiamo molto,giustamente, dell’ambiente naturale, dei suoi equilibri….ma non ci preoccupiamo dell’ambiente artificiale che abbiamo creato. Anche questo è un ecosistema complesso, composto da tanti elementi diversi che interagiscono tra loro.”

Ma quando parliamo di ambiente artificiale cosa intendiamo?
Intendiamo quel mondo che è passato, negli ultimi 150 anni, da una società agricola ad una industriale. Nel 1861 il 70% della popolazione lavorava nei campi. Ci si lavava poco, il bagno era fuori casa. Le donne passavano la giovinezza tra una gravidanza e l’altra. La mortalità era altissima pari a circa il 23% e l’analfabetismo era la regola, il 78% della popolazione era analfabeta con punte del 90 per cento. La scienza e la tecnologia hanno cambiato completamente la nostra società. Nel XIX secolo la gran parte era analfabeta oggi abbiamo 10 milioni di nuovi studenti e solo un milione di nuovi insegnanti. Il nostro mondo oggi è composto da case,strade,autori TV, sale concerto, case editrici,professionisti,impiegati. Questo è un mondo complesso che richiede un’adeguata cultura mentre noi abbiamo una politica brevi mirante che non si crea il problema di essere all’altezza del sistema complessivo. Non esiste più l’idea, per esempio, del valore legato al merito ( cioè il saper fare bene il proprio mestiere). Si entra nel mercato secondo l’appartenenza all’area politica e così si è persa anche la fiducia. Ogni ecosistema umano è, in un certo senso, “un pacchetto” di pro e contro. Potremmo forse dire che non è importante se una società è arretrata o avanzata. E’ importante che sia adatta al suo ambiente, naturale o artificiale che sia. E per vivere bene in un “ambiente” occorre un software, anche politico, adeguato e compatibile con il livello di sviluppo. Se questo manca c’è il rischio di una crisi. Per fare un esempio è come essere su una macchina con un cruscotto con gli indicatori dei vari flussi e sistemi ( benzina, acqua,velocità etc.). Se noi non controlliamo il cruscotto o non rispettiamo i semafori che incontriamo rischiamo l’incidente. Questo succede anche nelle nostre società “artificiali” ed è per questo che oggi si parla molto di “decrescita” cioè di un rallentamento che permetta di mantenere i vantaggi che lo sviluppo ha consentito.

Cosa può fare la cultura per migliorare il mondo?
Sicuramente può stimolare la consapevolezza di questi problemi. Ciò non vuol dire che i poeti, i pittori, gli scrittori o i musicisti debbano occuparsi di ecosistemi tecnologici ma possono promuovere lo sviluppo delle capacità culturali. Per esempio negli ecosistemi naturali, per esempio, si è sviluppata una consapevolezza molto diffusa nei confronti dei problemi dell’inquinamento, sui problemi e sui possibili rimedi. E abbiamo visto nascere e crescere il settore dei libri, riviste, programmi televisivi , dibattiti proprio sul tema. Ed è anche nato un Ministero per la tutela del nostro ambiente. Quindi la cultura può essere il motore di un cambiamento. Per ora non si vede nulla del genere per quanto riguarda il nostro ambiente artificiale. Non c’è stata una vera elaborazione di questi temi, un approfondimento.
Ma per essere veramente una guida bisogna saper “leggere” il proprio periodo, capire cosa succede. Perchè se non si riesce a leggere non si può neanche scrivere e quindi diventa difficile per la “cultura” assumere il ruolo di guida. In Italia possiamo dire che la cultura scientifica è rimasta marginale mentre è quella “classica” ad essere rimasta il pilastro della conoscenza e il punto di riferimento per la comprensione dell’uomo e del mondo. Ma questo tipo di cultura non ci ha aiutato a capire le forze che hanno cambiato il mondo e il destino degli uomini. Oggi viviamo nel mondo che abbiamo costruito, una società educata per sviluppare strumenti e dove la politica distribuisce ricchezza ma non la crea. Dove, in Italia, siamo gli ultimi per resa scolastica, merito e per la ricerca e siamo all’80 posto per investimenti. Questo è il nostro mondo.
“…..Abbiamo parlato di certi cambiamenti, necessari alla nostra società,che per essere realizzati richiedono tempi lunghi, e che quindi hanno bisogno di una visione lungimirante, di medio-lungo termine. Qui la televisione potrebbe fare molto, documentando bene la portata dei problemi e le “traiettorie” di una società moderna……bisogna,come dice il proverbio, “prevedere per provvedere e prevenire”

Cosa si aspetta per il 2012?
Adesso c’è un nuovo governo di persone di qualità che dimostrano che si può fare politica in maniera diversa. Bisogna anche rendersi conto che dobbiamo sanare il nostro debito con il merito, con la scuola, con la televisione. In questi settori siamo decisamente in rosso rispetto ad altri paesi europei. C’è bisogno di un’impronta diversa fatta di meno litigiosità e più lungimiranza. Bisogna pensare di più al domani perché le crisi degli ultimi decenni sono frutto del disinteresse di ieri per il futuro e rischiamo, oggi, di preparare le crisi che verranno. Non si possono più fare debiti per altri due miliardi di euro, continuando a vivere oltre i propri mezzi.
Potremmo chiudere questo colloquio con una frase di Bertrand Russel, riportata nel libro, che dice “Ogni progresso deriva proprio da chi ha saputo prendere decisioni impopolari”.