La discordia della Concordia

Wall Street Journal oggi scrive che la nave “Concordia” non è altro che la metafora di un continente alla deriva, i cui comandanti non sono in grado di affrontare una emergenza critica. E sono i primi a fuggire sfruttando il potere.
Stessa lettura ieri da Grillo e da Crozza.
E non è difficile non essere d’accordo con loro. La voce del capitano Schettino, impaurito tentennante, che abbandona nave, passeggeri e personale di bordo dà l’idea di un mondo allo sbando. Quello di chi ha pensato che tutto si poteva fare, che si può pensare solo e sempre prima a se stessi. Quello che è vissuto nel delirio di onnipotenza. Certo quella nave riversa di lato in mezzo al mare è un’immagine reale del disagio e delle difficoltà del nostro paese. Ma è anche la fotografia, ahimè, della nostra classe dirigente che quando non sapendo come gestire la difficoltà ha passato la mano ai tecnici.
Non siamo più abituati a gestire le emergenze, e questo vale per ogni settore.
Il capitano Schettino ne è l’esempio lampante. Pensiamo che la tecnologie e le macchine possano fare tutto anche, forse, evitare una tragedia. Abbiamo perso il contatto con la realtà. Schettino è il prodotto di una società che ha pensato che la quotidianità sia qualcosa che si può governare attraverso internet, attraverso le macchine insomma attraverso altro diverso da se stessi. Schettino è la fotografia di una società che ha dimentico cosa voglia dire la pratica quotidiana. Schettino è la fotografia della società del benessere che non si pone più il problema di superare le difficoltà. Schettino è la fotografia di una società dove i genitori hanno dato sempre di più ai propri figli per evitare che potessero soffrire di qualche mancanza. E’ la fotografia della società del dopoguerra che ha cercato di fare di tutto per dimenticarla quella guerra, la fame, le ristrettezze, la mancanza di cultura e a furia di voler dimenticare ha pensato che non bisognasse più misurarsi con la realtà vera, quasi a voler mettere da parti emozioni e sentimenti, quasi a voler esorcizzare il periodo in cui eravamo poveri e non avevamo nulla ( che poi è lo stesso meccanismo che spinge noi, popolo di emigrati, a mettere da parte gli immigrati). Ma la realtà vera ti appare all’improvviso e lì si capisce se sei pronto o meno. Se hai la capacità di reagire o meno. E non è solo una questione di carattere. Vale quanto tu sia preparato a gestire un’emergenza. Quante volte ti ci sei trovato. Vale che tu conosca i principi cardine della gestione di un momento così delicato. La scalata facile al posto di comando ( sulle navi come in tanti altri posti della società, ieri sera Crozza faceva il paragone tra Schettino e Scilipoti!) bypassa ogni possibile formazione. A questo va aggiunto anche il fatto che queste sono crociere low cost ( perché Schettino ha delle colpe ma non possiamo pensare di lasciare fuori la Costa Crociere) che sono così low perché spesso viene utilizzato personale stagionale, spesso fatto di extracomunitari che hanno difficoltà anche di comunicazione a causa della lingua, poco formato e con scarse conoscenze anche di ciò che si deve fare in momenti di difficoltà e che forse alcuni di loro sono ancora dentro quella nave.
Insomma la tragedia della Concordia ci fa riflettere su una società che ha pensato che tutto possa basarsi sull’innovazione e sulla tecnologia oltre che sul fatto che se sei il comandante puoi fare tutto, anche abbandonare la nave.
Ma la Concordia ci ha fatto anche scoprire anche un’altra Italia quella del comandante De Falco, del porto di Livorno. Quella voce che impartiva ordini secchi, decisi. Come ci si aspetta da un capitano vero ( quello della poesia di Walt Whitman “Capitano, mio capitano” e che in migliaia hanno postato sulla propria bacheca di face book). De Falco ha capito subito quale era l’emergenza, cosa doveva fare. Sapeva come comportarsi. E molti italiani lo hanno eletto a loro eroe.
In fondo questa tragedia è stata un derby tra l’Italia degli Schettino ( codardi, paurosi, impreparati all’emergenza e pronti ad abbandonare tutto e tutti pur di salvare se stessi- come tanti dei nostri uomini pubblici) e l’Italia dei De Falco ( quelli che hanno un senso della cosa pubblica, che hanno l’etica del sacrificio e che vivono pensando che gli altri vengano prima di se stessi).
E’ un derby che nasce dalle ceneri di 20 anni di trasformazione socio-culturale di questo Paese. Ma la riflessione è che sotto le ceneri di una cultura mediatica e superficiale è continuata a crescere,invece, una società che non ha mai abbandonato ideali e valori civili. Un derby che ha permesso a tutti di vedere che c’è un’Italia diversa, un’Italia silenziosa che ci permette di credere che il cambiamento è possibile.
E’ un derby in casa poi: sia Schettino che De Falco vengono dalla Campania e probabilmente hanno la stessa età ( quindi sono cresciuti nello stesso periodo storico). Inefficienza e capacità. I due volti del nostro Sud e quindi della nostra Italia.

(pubblicato su www.lindro.it)