Attenti a Nichi

(di Andrea Meccia)

Nel 1963 Pier Paolo Pasolini realizzò il film-saggio Comizi d’amore, quel documentario-inchiesta che andava a indagare su ciò che gli italiani pensavano dell’erotismo e dell’amore. Negli ultimi giorni in Italia, i Comizi d’amore sono tornati sotto forma di una campagna di comunicazione politica. Giovani scrittori leggono i loro racconti ispirati a cinque parole (Coraggio, Cura, Libertà, Impegno e Fantasia) che caratterizzano lo stile politico di Nichi Vendola, il 52enne lider di Sinistra e Libertà e Governatore della Regione Puglia. Nichi è comunista, cattolico e omosessuale. Qualche tempo fa ha dichiarato: «Non voglio morire senza aver vissuto l’esperienza della paternità». Volendo, potrebbe essere una bomba all’ombra del Vaticano.

Son passati 25 anni da quando La Repubblica titolava: «Il gay della FGCI». Nichi è stato il primo gay nella dirigenza del PCI, il partito che nel 1948 aveva espulso Pasolini. Di lunga data e grande l’amore di Nichi per Pier Paolo. Quando vendeva libri per mantenersi gli studi in Lettere, scelse di laurearsi con una tesi sul grande intellettuale friulano. «L’omosessualità di Pasolini è molto segnata dal suo cattolicesimo. Lui si percepisce come il Cristo della diversità: una condizione vocata al martirio, a causa del senso di colpa. Il peccato e l’espiazione del peccato, per cui la sua letteratura diventa premonizione della sua stessa morte», ricorda sempre.  Vendola non ha mai nascosto la sua omosessualità e ha sottolineato in più occasioni come dichiararla sia «carne, fatica, sangue, dolore, emarginazione, offese, violenza. Sono sempre stato anche cattolico e comunista, come la mia famiglia. Ed è stato forse più facile dire la mia omosessualità ai preti che al partito». Oggi, dopo una lunga e felice attività parlamentare sotto il simbolo della falce e martello, a Nichi, fondadore in Italia dell’Arcigay y dela Lega contro l’Aids, gli piace agire così, parlando come un poeta, agendo con la concretezza di un uomo d’azione e con un rosario sempre a portata di mano, adagiato comodamente nel taschino dei pantaloni. Nonostante la dura opposizione del Partito Democratico, ha già vinto due volte le elezioni amministrative in Puglia, la stessa terra di Aldo Moro, che Nichi ama spesso citare nei suoi discorsi. In questi anni ha costruito un consenso reale in una regione del Sud da sempre di cultura cattolica e conservatrice. È un buon amministratore che coniuga concretezza e voglia di cambiare il mondo. La gente lo segue con passione e speranza. I giovani, in balia della disoccupazione intellettuale e del lavoro precario, lo amano. I più anzianotti, orfani di leder politici degni di cotanto appellativo, si rianimano con lui. La sua lunga marcia ha l’obiettivo chiaro di realizzare un sogno, essere il primo ministro della sgangherata Repubblica  italiana.

Nichi di fronte a una telecamera si muove con disinvoltura al punto tale che qualcuno lo chiama malignamente il Berlusconi della sinistra. È una gran icona mediatica, questo sì. E all’estero iniziano a familiarizzare con quella faccia tutta mediterranea dal color olivastro e con quell’orecchino mostrato sempre con orgoglio. Anche The Financial Times lo considera il vero avversario di Berlusconi. Imporre il proprio carisma sulle macerie della sinistra italiana non è stata operazione difficile, ma il ragazzo è senza dubbio un politico di razza. E se vogliamo dirla tutta, è l’ultimo leader che ancora non riposa nel cimitero delle icone viventi della sinistra italiana, con il vizio diabolico di non morire mai e di perdere sempre. Nichi, che è un uomo di buone letture, scomoda Nikolai Gogol per stigmatizzare i suoi vecchi compagni del PCI, chiamandoli «anime morte». Ci sono alcuni osservatori politici che banalizzano la sua popolarità in ascesa e che lo bollano come il Blair italiano o l’Obama bianco. Nichi non sembra scomporsi più di tanto, rimanendo con un piede nel ventesimo secolo e due nel ventunesimo. Il suo linguaggio non lascia dubbi. Il Novecento può ancora aiutare a comprendere questa modernità così complessa. Chi lo osserva con più attenzione, in realtà, si rende conto che il nostro potrebbe essere la migliore incarnazione politica delle due grandi culture popolari italiane, la marxista e la cattolica. Un futuro non così lontano ci dirà qualcosa di più. Il governo Berlusconi si trova in una fase critica. L’Italia, nei primi mesi del 2011, potrebbe andare alle elezioni politiche per la terza volta in cinque anni. Il PD, il maggior partito di opposizione, sembra incapace di incarnare una vera risposta alle numerose questioni irrisolte del Paese (disoccupazione, impoverimento crescente, mafie, guerra, immigrazione, scuola pubblica etc.). Le sue contraddizioni interne non lo lasciano parlare con una voce chiara e autorevole. Nichi ha le sue idee, un suo progetto. Questo è certo. La lunga marcia verso la sua meta è iniziata e soprattutto lungo il cammino non è solo.

Il centrosinistra andrà alle primarie per eleggere il suo candidato a primo ministro. Nichi scalpita. Deve far attenzione, però. In un Paese di corrotti e corruttori, di mafiosi e massoni come l’Italia le trappole sono molte. La storia italiana poi parla chiaro. Quando un soggetto politico si fa motore di un cambiamento della Storia in senso progressista, le forze reazionarie si fiondano con violenza sul suo corpo. In bocca al lupo, Nichi.  La speranza di un Paese migliore sembra viaggiare con te.

(Traduzione dell’articolo pubblicato sul quotidiano argentino Página12 – venerdì 22 ottobre)