La lettura della settimana “Clandestina a Damasco”

“Usciamo. Il sole è tramontato. E’ quasi buio. I negozi sono chiusi, poca gente. Ombre. Inciampo e Hisham mi sorregge. Davanti a noi sbuca da una viuzza laterale un uomo tarchiato che zoppica leggermente…”
Non è l’incipit di un romanzo ma un capoverso di una vera inchiesta giornalistica realizzata come quella di una volta. Sul campo. Così come diceva Egisto Corradi, giornalista e scrittore, il vero giornalismo si fa consumando le suole delle scarpe.
E questo ha fatto Antonella Appiano entrando in Siria quando ai giornalisti era vietato.
La Appiano si è travestita, ha vissuto clandestinamente tra Damasco e Aleppo. Ha visto, con i suoi occhi, le rivolte dei “ribelli” ma anche dei “lealisti”. In questo libro/diario ci ha raccontato la Siria di oggi, quella che non riusciamo a vedere perché nessuno è lì veramente e tutto ci arriva filtrato.
Il suo racconto ci narra la Siria di marzo quando “dopo il 15 marzo gli eventi prendono una piega improvvisamente diversa. Daraa, cittadina della Siria meridionale al confine con la Giordania,capoluogo della regione agricola a tribale dell’Hawran, il 18 de mese teatro di una grande manifestazione. Quante volte penso : se non fosse successo nulla a Daraa, le rivolte sarebbero scoppiate in Siria?”.
Questo il punto. Come nascono, dove nascono le rivolte. Chi coinvolgono.
La Appiano non ci pone semplicemente un problema politico ma ci fa leggere la realtà. La rivolta ma anche chi non la vuole “Sono in piazza Bab Touma, Samir e gli altri mi hanno avvista della manifestazione pro-Bashar……Nonostante gli appelli dei gruppi di rivolta,presenti su Facebook, a scendere in piazza, Damasco non si è mobilitata. Adesso un fiume di persone sta imboccando Mahmoud Shehadan Khalil Street, gridando “La nostra anima, il nostro sangue per il dottor Bashar”…….”.
Difficile raccontare la protesta in un Paese che dal 1963, dopo il colpo di Stato del partito Baath, vive sotto un regime militare ferreo. Sono pochi i veri conoscitori di questo territorio ed è semplice, forse, da lontano, prestarsi ad una versione più che ad un’altra.
Antonella Appiano ci concede il privilegio di vedere “veramente “la Siria e come dice Amedeo Ricucci, nella prefazione del libro “è stata brava e caparbia e credo l’abbia fatto non per il gusto del pericolo ma per l’amore profondo che la lega a questo Paese”.
Ecco credo che il “nocciolo” di questo libro sia in queste parole. La nostra giornaliste ( di quelle che definiremmo giornaliste-giornaliste) si avventura in questo viaggio in Siria accettando incognite, rischi . Si trasforma in una clandestina, si camuffa e si traveste. Tutto questo solo per amore. Amore per il suo mestiere, che non tradisce anche quando sarebbe semplice scivolare nella ricerca o dello scoop o di storie lacrimevoli, e della Siria che ci viene raccontata come se fosse il suo Paese, con la stessa emozione e intensità.
Leggere il libro un po’ come entrare nelle stare di Damasco o di Aleppo. Puoi sentire le voci e quasi annusare gli odori. Tutto questo ci è permesso da una penna intelligente capace di traslare in parole ciò che ha sentito e visto grazie anche alla conoscenza della lingua che le ha permesso di non affidarsi ad altri per capire cosa succedeva o ascoltava.

(pubblicato su www.lindro.it)