Lettura della settimana: Federico Caffè, le riflessioni della stanza rossa

“Da tempo sono convinto che la sovrastruttura finanziario-borsistica con le caratteristiche che presenta nei Paesi capitalisticamente avanzati favorisca non già il vigore competitivo, ma un gioco spregiudicato di tipo predatorio, che opera sistematicamente a danno dei risparmiatori”. Parole di Federico Caffè, economista e difensore dello stato sociale e della tradizione keynesiana, scomparso il 15 aprile del 1987.
Sono passati ben 25 anni da quella mattina e il suo allievo Bruno Amoroso, oggi professore all’Università di Roskilde e a quella di Hanoi, ripercorre il loro rapporto in un libro, “Federico Caffè le riflessioni della stanza rossa” ed Castelvecchi, che ha la prefazione del professor Pietro Barcellona.
Nelle parole del professor Amoroso, Federico Caffè ci appare quasi con il suo passo felpato.Piccolino, magro di poche parole. Un uomo che era vissuto insegnando e propagando le idee della “teoria del benessere”. Un uomo che aveva una metafora a cui era molto affezionato: quella dell’autobus.
Per decenni lui era salito sullo stesso mezzo di trasporto per andare all’università. I viaggi quotidiani gli permettevano di conoscere le persone, di vedere la loro vita, di capire le difficoltà, il grado di scolarizzazione, la cultura, il mestiere o la professione.
Ma l’autobus e la sua metafora parlano anche di quello che erano i partiti e cioè un luogo di aggregazione e conoscenza come le piazze. Era in quei luoghi che si capiva cosa succedeva alla società.
Nel libro si legge “….Il fatto che la persona sia da assumere come punto di riferimento centrale della programmazione economica viene chiaramente prospettato nell’attenta e autorevole riflessione di un economista italiano di iscrizione liberale come Luigi Einaudi …..”
Citazioni che esplicitano, per chi non conoscesse il pensiero di Federico Caffè, la sua personalità. La sua vocazione verso un’economia sociale nel rispetto delle persone. Il libro poi è un atto di amore dell’allievo Amoroso al suo professore . Scritti, colloqui, appunti, lettere tutto rigorosamente e cronologicamente racchiuso in un libro. Un libro che racchiude l’anima di due grandi economisti, poco conformisti, anzi per nulla,lontani da ogni mondanità o esibizione pubblica.
E’ il racconto di un’amicizia profonda e non solo del rapporto allievo professore. Bruno Amoroso dice “ La cerchia di amici si restringe e le nuove amicizie sono difficili e rare” e lui ha custodito e coltivato negli anni, soprattutto dopo la misteriosa scomparsa di caffè, questa amicizia così rara e così forte.
Come dice il professor Barcellona nella prefazione “Il libro è una testimonianza unica di come un forte affetto rende sempre presente la persona scomparsa………….non c’è solo il dialogo della memoria, ma un dialogo attuale e incarnato nei gesti e nelle piccole attività quotidiane: passeggiate, ascoltare musica,spiegare il keynesismo, bere una tazza di tè”.
In tutte le pagine del libro alleggia,poi, la scomparsa di Caffè. Un suicidio o una sua volontà? Amoroso lascia intravedere il suo pensiero e spesso “le verità affettive sono più convincenti di quelle storiche” basta vedere le foto e gli scritti del “piccolo album”, in uno Caffè scrive “Caro Bruno come vedi mi stanno trasformando in un monumento. Vorrei sentirmi più vivo .Ma .Buone cose Federico”. Caffè voleva sentirsi vivo.Forse è questo che lo ha spinto a scomparire il 15 aprile del 1987.